Un telescopio sui pianerottoli, Clelia – CdMF

“Cronache dal mondo fuori”, perché c’è ancora un mondo fuori, perché c’è sempre un mondo fuori!
La serie di racconti, disponibile anche in edizione audio per non vedenti, nasce dalle storie di chi ha voluto condividere con noi la propria esperienza dei giorni in isolamento nel 2020, per via dell’epidemia dovuta al Covid-19.
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Voci di Tommaso Valente, Eleonora Suppi, Valeria Cassino

Stabile o non stabile, questo è il dilemma…

di Lorenzo Torcello

Bologna, 4 maggio 2020.

Un’ora prima, dopo aver gettato via il giornaletto settimanale bianco e nero ormai liso e tutto segnato, Clelia risponde al telefono e come ogni volta si schiarisce la voce prima di proferire “Pronto chi parla?” come una segretaria di una soap opera.

– Buongiorno signora Clelia, sono Valerio il volontario di Auser… si ricorda di me?

– Certo caro, come dimenticarti. Otto uno apostrofo cinque, mi hai aiutato con quel rebus la settimana scorsa. Ora che ci penso non era troppo difficile, ma evidentemente non ho più l’età…

– Ma non è vero! Con tutte le enigmistiche che le sto portando ormai potrebbe essere una campionessa imbattuta.

– Ma infatti lo sono!, lo interrompe subito. Al circolo sono Miss Rebus da anni… parlavo dell’amore…

– Come scusi?

– Ma sì, il rebus con cui mi ha aiutato, la chiave era (8 1’5), la soluzione non la ricorda? Ma come? Lo ha risolto proprio lei… va bene non importa, mi dica pure il motivo della sua chiamata Valerio? E cos’è questo brusio?

– È il supermercato, sono nella corsia conserve e confetture ma pare sia finita la marmellata di albicocche. Degli altri tipi ce ne sono tutte, ha una seconda scelta o preferisce che non prenda nulla?

– Ma che caro che è, non doveva disturbarsi per così poco, è davvero un tesoro. Facciamo quella alle pesche allora, ma solo se è biologica!

– Certo, va bene, guardo subito. A dopo allora!

– Aspetti, ma il lievito lo ha trovato oggi?

– Sì, per quello ha avuto fortuna.

– Ancora una cosa… ma ha già preso Rebus per sette giorni?

– Ehm sì, cioè non ancora ma sono vicino alla sezione edicola vicino alle casse.

– Ok, però mi raccomando, non la dimentichi lì, altrimenti non mi interessa cosa dicono i miei figli, io esco di casa e me la vado a prendere da sola. Vedrai, tengo testa a tutti, altroché. A dopo, a dopo.

La prima impressione di Valerio sulla signora Clelia era stata delle peggiori. Prima ancora dei suoi ricci avvolti in grossi bigodini anche in quarantena, aveva visto spuntare dalla porta uno spruzzino con cui aveva inzuppato di alcool disinfettante lo zerbino sul pianerottolo destinato a posare i sacchi della spesa. Sembrava diffidente, taciturna, poco incline al dialogo o alla fiducia la prima volta, ma dopo la soluzione al rebus che Valerio le aveva fornito sull’uscio, la signora Clelia lo aveva ormai preso nelle sue grazie.

La graniglia scura per i gradini delle scale e la finta boiserie nera lungo la parete parallela alla ringhiera avevano inimicato gli inquilini del condominio contro l’architetto dell’edificio o contro, chi per lui, non avesse considerato l’esposizione al sole del palazzo dati i colori e i materiali scelti. Le parti comuni erano l’habitat afoso ed equatoriale ideale per fiorenti orchidee e creature a sangue freddo.

Valerio toglie la giacca di nylon e recupera coraggio e sali minerali prima di entrare nella “Serra nera”, come ormai aveva soprannominato l’androne delle scale che lo avrebbe portato al sesto piano, l’uscio della signora Clelia.

Dopo la consegna della spesa, Clelia, attenta a non toccare nulla, gli porge la solita busta con lettera controfirmata di avvenuta consegna e una scatola di fazzoletti.

– Grazie, ma non ne ho bisogno, sono a posto. Le risponde il volontario un po’ sorpreso.

– Comincia a fare caldino di giorno e qui non abbiamo ascensore. Se quando è salito aveva l’affanno si fidi che mentre scenderà le potrebbe sudare la fronte.

– Va bene la ringrazio Clelia.

– Sono io che la ringrazio, vada a trovare sua mamma ora che può, se non è fuori da questa regione… non ci ho capito molto. Intanto a me tocca star qui, chi la sente mia figlia e poi il circolo è ancora chiuso, conclude con sguardo spaesato prima di salutare.

Valerio comincia a scendere le scale e rallenta improvvisamente come colpito da una visione accecante. I capelli neri a caschetto e gli occhi stretti e verde chiaro di un’inquilina al terzo piano della “Serra nera” stavano attraversando proprio il tratto di scale davanti a lui.

– Buongiorno, non si preoccupi siamo abbastanza distanti, proceda pure. Gli suggerisce lei con gentilezza e mostrandogli con il palmo aperto le scale.

– La distanza? Come scusi?, riesce a bisbigliare lui.

– Siamo abbastanza distanti e io non ho fretta, può continuare lungo le scale prima di me…

– Ah certo! Sìsì grazie, anzi no vada lei. Neanche io ho fretta.

Intanto Valerio prende un fazzoletto e tampona la fronte umida e rossa, come i suoi zigomi e anche le sue orecchie.

– Si sente bene? Abita qui da poco?

– Certo va benissimo, non abito qui, purtroppo… bel palazzo, scale un po’ calde però bella zona… Sono qui perché faccio il volontario durante il lockdown e consegno la spesa alla signora Clelia, bigodini, sesto piano.

– Oh certo che la conosco, mi chiama ogni tanto per alcuni rebus che non riesce a fare, è fantastica quella donna…

– Fantastica donna, ripete trasognato Valerio rischiando di inciampare sulle scale.

– … sempre gentile, piena di vita e agguerrita come un soldato poi. E lei è davvero carino a fare quello che fa, lo apprezzo molto. Ci sono pochi ragazzi come lei!

– Ragazzo… beh insomma non ho più vent’anni ormai, risponde lui imbarazzato. E poi ammetto che all’inizio ero pieno di paure e remore “E se spostandomi per le spese faccio contrarre il virus a uno dei beneficiari?” “E se in realtà ho già il virus ma sono asintomatico?” “E se finisce che faccio più danno che altro?”, poi mi sono reso conto che stavo facendo la cosa giusta rispettando tutte le accortezze, ma le assicuro che non è stato facile. Non sono più un ragazzo né un eroe, però sono ricco di tutti gli incontri e le emozioni di quest’esperienza. Lo rifarei.

– Spero per lei che non debba, sarebbe meglio. Anzi speriamo finisca presto, almeno oggi è il quattro, fase due.

– Ah sì, non credo cambi troppo e comunque non ho affetti stabili o congiunti nelle vicinanze, credo almeno. Lei?

– Io non sono di qui però se vuole essere un affetto, non saprei dire se stabile o meno, la prossima volta che passa da Clelia potremmo fare una passeggiata qui vicino. Sempre con un metro di distanza ma credo che si possa. O no?

– Ma certo, urla all’inizio delle scale Valerio. Spero si possa, mi informo!

– Cosa urla? Qui c’è un sacco di eco, questo palazzo è stato tirato su con i piedi, non capisco proprio cosa ci trova di bello. Non vedo l’ora di uscire in strada.

Chiuso alla loro spalle il pesante portone, la ragazza raccoglie dal pavimento coperto di polline una busta da lettera e la porge a Valerio.

Lui la ringrazia e nota dall’aletta rimasta aperta uno scarabocchio, apre la busta e in calce sotto la firma di Clelia scorge un cuore disegnato da una tremante penna bic e sotto la dicitura

(8 1’5) Sorpresa d’amore.

Non ci sarei mai arrivata e grazie ancora per tutto.

– Comunque piacere Bruna, senza stretta di mano.

– Piacere Valerio, senza stretta di mano. E intanto pensa Stabile o non stabile, questo è il dilemma…

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