Fascino e contraddizioni del reale sul grande schermo

Il documentario al cinema

Quanti documentari hai visto al cinema nell’ultima stagione? Lo so, questa domanda ha spiazzato anche me. Mentre pensi e fai il conto sulle punte delle dita, proviamo a fare insieme qualche considerazione sulla distribuzione del documentario.

La distribuzione è spesso la fase più incerta dell’intero processo produttivo di un film documentario, e nel nuovo panorama mediale a un autore vengono richieste sempre più competenze: dalla scrittura alla ricerca di sostegni economici, dalla realizzazione alla post-produzione, fino alla promozione e distribuzione a un pubblico. Come è noto, spesso il cinema documentario fatica a trovare sostegni finanziari e anche spazi di visione, dunque un riconoscimento, proprio perché storicamente si porta dietro un vissuto difficile legato ai diversi modi di intenderlo, definirlo e di promuoverlo. Il cinema documentario ha bisogno di canali diversi, di eventi di contorno, di maggiore rischio produttivo e distributivo, di un pubblico selezionato, di una sensibilità diversa, di una critica adeguata. Non stupisce, quindi, che vi sia un dibattito tra chi vorrebbe definire il documentario semplicemente cinema e chi invece non dimentica mai di sottolinearne le peculiarità allo scopo di offrirgli un riconoscimento diverso sul piano estetico-linguistico, ma anche sul piano produttivo e distributivo. 

Il confronto sulle definizioni appassiona così tanto perché si lega alla possibilità che il cinema del reale venga una volta per tutte riconosciuto e apprezzato. Questa possibilità sembra sempre meno remota vista la crescente attenzione che gli si dedica, ma è anche una possibilità che si lega sempre più all’impegno che i singoli autori sono in grado di trasmettere lungo tutto il circuito promozionale1. Dunque, è chiaro che il documentario è una tipologia narrativa che non gode di grande visibilità nel panorama mediatico contemporaneo. O meglio, la distribuzione del documentario sul territorio nazionale è presente, ma bisogna capire che tipo di documentario abbia accesso a questa distribuzione. Oggi ci sono molti canali tematici, molti prodotti assimilabili al documentario che vengono distribuiti sul piccolo schermo. La maggior parte di questi sono prodotti seriali e, anche nel caso di documentari singoli, non pensati per una distribuzione theatrical. Basti pensare a  Sanpa – Luci e tenebre di San Patrignano, di Gianluca Neri, a Wanna, di Alessandro Garramone o a biopic come Mi chiamo Francesco Totti, di Alex Infascelli.
Diversamente, trovano molta più difficoltà di produzione e distribuzione quei documentari che dialogano con i testimoni e lo spettatore, senza cercare artifici narrativi e inserti di finzione che li rendono estremamente formatizzati. Questo è il caso, ad esempio, di Giovanna storie di una voce, di Chiara Ronchini, di Po, di Andrea Segre e Gian Antonio Stella o di The passengers, di Tommaso Valente.


Forse ha ragione Stefano Tealdi quando, a tal proposito, dice che in un sistema che vede i decisori del palinsesto televisivo rivestire il ruolo di editori e diffusori, i filmmaker e gli autori invece devono essere i veri portatori di idee e contenuti. In mezzo ai due, devono essere i produttori, indipendenti dalle televisioni, ad operare sia a livello creativo che gestionale nella realizzazione dei progetti2.

Quanto alla distribuzione theatrical di un film documentario, di certo la prima uscita in sala di un film documentario non rappresenta un banco di prova della qualità del film e della sua capacità di intercettare l’interesse degli spettatori, ma soltanto un punto d’inizio di un percorso imprevedibile e su cui è necessario di volta in volta scommettere3.
Passando dalla sala allo streaming, quali sono le opportunità che offre il mercato on-demand e Internet in generale?

Beh, ne parleremo nel prossimo articolo.

Stay tuned! 


1 L. Giunti, Nuove Strategie Distributive a Sostegno del Documentario e del suo Pubblico in Italia, in CinemaReale.it, 11 giugno 2016. 

2 S. Tealdi, D come Documentari, Democrazia e Dialogo. Riflessioni sul rapporto tra sistema produttivo e contenuti, in M. Bertozzi (a cura di), L’idea documentaria. Altri sguardi dal cinema italiano, Lindau, Torino, 2003. 

3 L. Giunti, Nuove Strategie Distributive a Sostegno del Documentario e del suo Pubblico in Italia. 


Mi chiamo Emanuela Torregrossa, sono nata e cresciuta a Palermo e poi trasferita a Bologna per studiare Informazione, Culture e Organizzazione dei Media, un corso di laurea magistrale che verte sugli studi della comunicazione audiovisiva e multimediale. La mia aspirazione più grande è di lavorare nel settore della distribuzione e promozione cinematografica. Lungo il percorso di realizzazione di questo sogno, mi dedico alla scrittura di articoli e cerco di assorbire tutte le curiosità, le conoscenze e i saperi che le persone possono e vogliono offrirmi. Se è vero che se son rose fioriranno, io intanto comincio a seminare, il resto si vedrà!

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