Saharawi: L’ultima colonia d’Africa
La proclamazione della Repubblica Araba Democratica dei Sahrawi fu dichiarata dal Fronte Polisario il 27 febbraio 1976 a Bir Lehlu, nell’allora Sahara spagnolo, poche ore prima del ritiro delle truppe spagnole, che lasciarono il controllo della regione alle truppe marocchine. Questo causò un conflitto che si concluse con il cessate il fuoco del 1991. Ma ciò che colpisce di questa vicenda è che ci riporta alla mente, da un punto di vista storico e geopolitico, un periodo che ci sembra ormai lontano, quello della decolonizzazione. In tante occasioni, quella del Sahara Occidentale è definita come l’ultima colonia d’Africa. E ci troviamo a parlare ancora di una questione di autodeterminazione che vede solo modesti spiragli di speranza, nonostante sia stata trattata da molte risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Da un lato l’istanza, da parte del Fronte Polisario, di realizzare un referendum sull’autodeterminazione, da condurre sotto l’egida della missione Minurso. Dall’altro una rivendicazione del territorio del Sahara Occidentale dal Regno del Marocco.
Fin dalla fuga dal Sahara Occidentale e dunque dalla nascita dei campi per gli sfollati in Algeria, quest’ultima è stato un alleato strategico della causa saharawi: i campi infatti sono situati nella zona di Tindouf, precisamente nella località nota come Hassi Robinet, l’attuale Rabouni, dove un pozzo e un serbatoio d’acqua alimentavano la città. È in quest’area che si sono stanziati in campi profughi, che oggi sono cinque wilayat (regioni, plurale di wilaya) e raccolgono circa 180.000 persone. La parte del deserto sahariano in cui sorsero i campi è denominata Hammada, che si traduce con “estinto, senza vita”, a testimonianza delle durissime condizioni di vita che impone: i terreni sono aridi e brulli, la vegetazione è scarsissima, rappresentata da pochi alberi con spine; nelle oasi naturali l’acqua che si può reperire si trova in falde sotterranee a cinque o sei metri di profondità, ma spesso presenta un alto grado di salinità dannosa per l’organismo, oltre che importanti contaminazioni dovute all’assenza di un sistema fognario.
Ad oggi, la sovranità della RASD viene esercitata solo su una piccola porzione del Sahara occidentale (i cosiddetti territori liberati, ad est del muro eretto dal Marocco) e nei campi profughi, di fatto in una zona che appartiene allo Stato algerino. La RASD e il Fronte Polisario rappresentano una struttura biunivoca: mentre la prima rappresenta lo Stato, il secondo esprime l’istanza politica del popolo Sahrawi. Il sistema delineato dal Fronte e dalla Repubblica manifesta una evidente commistione dei due apparati ideologico e politico, ma dinnanzi a ciò occorre pensare alla necessità di determinare una forte coesione sociale, aggregazione e mobilitazione popolare. La criticità in cui sorse la RASD ha notevolmente inficiato le possibilità di dar vita a una democrazia tout court: tale opportunità verrà solo nel momento in cui il popolo Sahrawi e il suo governo si troveranno in condizioni di stabilità e sovranità, quando non dovranno più occuparsi dell’urgenza della sopravvivenza e della lotta di liberazione nazionale. Solo allora sarà possibile effettuare una più equa valutazione dello stato della democrazia sahrawi.
Se si pensa alla precarietà delle condizioni di questo popolo, ci troviamo di fronte a una struttura estremamente complessa, che ha permesso di evitare lo smembramento tipico di una popolazione profuga e che, diffondendosi capillarmente nelle tendopoli, ha garantito l’assistenza e una efficace risposta ai bisogni delle persone. Essa si pone lo scopo ulteriore di superare il tribalismo e le conseguenti gerarchie, per favorire un’integrazione di tipo moderno ed egualitario. Ancora oggi i campi profughi si trovano in territorio algerino e i loro occupanti godono dello status di esiliati e non di rifugiati, secondo quanto previsto dall’UNHCR. Questo presuppone la dipendenza totale dagli aiuti umanitari: questa situazione persiste tuttora pressoché immutata e nella quotidianità dei campi è ancora avvertibile il senso di transitorietà in cui vivono gli esuli sahrawi. Tramite la Mezzaluna Rossa Sahrawi, organizzazione parallela della Croce Rossa internazionale, vengono assistite le persone. Considerato che questo avviene da oltre 45 anni, ci troviamo di fronte ad una vera e propria emergenza permanente.
Per la stessa ragione, risulta estremamente complesso valutare la sostenibilità dei progetti di cooperazione, proprio per via del contesto in cui questi si realizzano. Tuttavia, grazie alla capillarità del sistema di organizzazione delle regioni, gli aiuti internazionali – provenienti in primis dai comitati di sostegno nazionali algerini, nonché dall’UNHCR, dalle organizzazioni degli “Amici del Popolo Sahrawi” sorte in Spagna, Italia, Francia e Svizzera – riescono a giungere ad ogni nucleo familiare.
Oltre la sabbia e il vento è il magazine di informazione sul popolo saharawi realizzato da
CISP – Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli
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