Dar luce nel deserto – intervista a Daniela Gatta sul lavoro nei campi saharawi

«Mi sento vicina alla loro causa perché è una giusta causa. Non è solo la rivendicazione di un territorio; è la richiesta di un referendum di autodeterminazione». Daniela Gatta ha la voce ferma e decisa quanto racconta la sua esperienza a contatto con la causa dei Sahrawi, un’esperienza che ha segnato la sua vita e l’ha spinta a scegliere il suo posto nel mondo, vicino alle rivendicazioni di questo popolo del deserto.

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Resistere insieme, dal deserto ai campi profughi

Da Rabouni, in Algeria, a Tifariti (territori liberati del Sahara Occidentale ) ci sono 6/8 ore di jeep massacranti. Un percorso che lambisce la frontiera mauritana in un susseguirsi di lande piatte ed ostili e rocce che emergono dal deserto costeggiando il muro costruito dalla forze marocchine per delimitare il territorio occupato difeso da 5 milioni di mine. La zona “ricca” di risorse minerarie, di fosfati, e ora di risorse energetiche eoliche, con oltre 1.100 km di costa, frutta al Marocco di soli diritti di pesca ceduti a compagnie straniere 52 milioni di euro all’anno. Circa tale sfruttamento, un contenzioso è aperto dal 2016 tra l’unione europea e Fronte Polisario e l’ultima sentenza del Tribunale europeo del 2021 ha ribadito la non validità di tali accordi stipulati senza l’accordo né beneficio per il popolo sahrawi, rappresentato dal Fronte Polisario, riconosciuto dall’ONU come suo portavoce.

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Giulia Olmi: uscire da Matrix

“Dopo trentacinque anni che frequento i campi, ho la sensazione che andarci per me è un po’ come uscire da Matrix e vedere la realtà vera”. A differenza di Cypher, il personaggio che nel film di fantascienza del 1999 tradiva la Resistenza per poter tornare nella finzione del software, Giulia Olmi non rinuncerebbe mai. “C’è l’idea che la realtà è quella” e non ciò che viviamo qui. “Quando torno a casa e tutto è così bello, ma finto: qualcosa che abbiamo costruito noi. Ma la realtà vera è quell’altra, quella dei campi: cruda, dura ma anche estremamente affascinante,” perché è ridotta all’essenzialità e priva di superfluo, per certi versi precaria e sicuramente difficile. Gli anni della pandemia, con l’impossibilità di viaggiare, sono stati uno dei periodi più lunghi senza che Olmi potesse frequentare i campi e fosse quindi costretta a una prolungata permanenza dentro a Matrix.

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Saharawi: oggi vi presentiamo CISP

Il Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli (CISP) è una ong costituita nel 1983 con sede a Roma, con uffici territoria-li come quello in Emilia-Romagna e in decine dei paesi in cui opera in tutto il mondo. Nel rispetto dei principi esposti nella Dichiarazione d’Intenti e nel Codice di Condot-ta, il CISP realizza progetti di aiuto umanitario, riabilitazione e svilup-po in più di 30 paesi in Africa, Ame-rica Latina, Medio Oriente, Asia ed Europa. Nei Paesi UE promuove iniziative di politica culturale, di solidarietà e difesa dei diritti. Le ri-sorse prevengono da finanziamenti e contributi di privati cittadini, as-sociazioni, fondazioni, imprese e istituzioni pubbliche italiane e in-ternazionali quali Unione Europea, Ministero degli Affari Esteri, enti locali italiani, agenzie delle Nazioni Unite, agenzie governative di pae-si OCSE, governi e amministrazioni dei paesi in cui opera.

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Il contesto di una crisi dimenticata

Il Sahara Occidentale è stato colonizzato dalla Spagna da metà dell’800 fino al 1975, anno in cui Madrid ha ceduto il territorio al Marocco ignorando il mezzo referendario indicato dalle Risoluzioni Onu dal 1963 per permettere alla popolazione di autodeterminarsi. Con l’invasione del Marocco, parte dei sahrawi sono fuggiti in Algeria, dove godono dal 1986 dello status di rifugiati; l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (ACNUR) ha stimato nel 2018 una popolazione di 173.600 persone.

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Il presente è una terra straniera

di Claudio Cantù – dal numero 1 di Oltre la sabbia e il vento
La popolazione dei territori liberati del Sahara Occidentale è quella che, probabilmente, risulta essere la più colpita e soggetta agli effetti devastanti provocati dalla rottura della tregua tra RASD e Regno del Marocco avvenuta il 13/11/20.
I saharawi sembrano immobilizzati dalla storia, presi in ostaggio da potenze economiche e politiche e dalla diplomazia internazionale: un popolo che ha sottoscritto, nel momento più alto della sua lotta di liberazione, una tregua per permettere una soluzione democratica del conflitto con un referendum per
l’autodeterminazione (v. risoluzione ONU 1514/61) e che ha visto succedersi decenni senza mutamenti. Quarant’anni di negoziati al tavolo delle Nazioni Unite, con un avvicendarsi di inviati speciali che puntualmente a fine mandato hanno registrato il nulla di fatto o il ritorno ai punti di partenza delle trattative.
Una situazione, quella saharawi, che potrebbe mutare repentinamente con singoli avvenimenti che potrebbero determinare un cambiamento sostanziale

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Oggi vi presentiamo Nexus Emilia Romagna

Le radici di Nexus ER sono alla base dei suoi progetti e del suo agire negli scenari di crisi e di povertà nel mondo: diritti, pace, convivenza delle diversità e tutela delle tradizioni autoctone, accesso alle risorse e ai servizi di base, a un’alimentazione equa ed equilibrata e parità di genere. Queste, secondo l’associazione, sono i cardini da cui non può prescindere la cooperazione internazionale.

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