Consegne a domicilio – CdMF
“Cronache dal mondo fuori”, perché c’è ancora un mondo fuori, perché c’è sempre un mondo fuori!
La serie di racconti, disponibile anche in edizione audio per non vedenti, nasce dalle storie di chi ha voluto condividere con noi la propria esperienza dei giorni in isolamento nel 2020, per via dell’epidemia dovuta al Covid-19. Per ricevere i racconti direttamente nella tua email iscriviti alla nostra mailing list.
Ascolta il podcast del racconto
Ascolta “Sushi da asporto” su Spreaker.Voce di Tommaso Valente
Sushi da asporto.
di Lorenzo Torcello
Bologna, Piazza maggiore, marzo 2020 ora di cena.
Inizio il turno nell’area della città da cui possiamo accettare gli ordini di consegna e pedalo verso il ristorante per arrivare poi nelle case. Consegnare cibo da asporto in giro per la città mi ha sempre caricato. Mentre pedalo, a volte, mi interrogo se consegnerò a una famiglia, a degli studenti che convivono, o a qualcuno che odia cucinare ed è solo a casa. In realtà non mi interessa davvero, è solo un modo per divertirmi e testare il mio intuito. Una volta aperta la porta non ci penso più, ma apprezzo tanto i modi gentili, o anche chi si imbarazza un po’ ed è nervoso o chi va nel pallone e si perde nei calcoli prima di pagare. C’è anche chi è brusco, chi non saluta neanche e chi non riesce a dissimulare la sua sorpresa quando vede un volto bianco e non quello di un collega dal Bangladesh. C’è chiunque oltre quella porta e a me, che sono un indomito viaggiatore, non rimane che raggiungere la mia meta soddisfatto e discretamente incuriosito.
I suoni della città mancano. Ci siamo solo noi riders in piazza, e la polizia. La ricetrasmittente degli agenti si sente da lontano, poi passa sfrecciando il 14, non si ferma, è quasi vuoto ma più rumoroso.
Sul crescentone al centro di piazza Maggiore non c’è nessuno e quando volgo lo sguardo emerge chiaro, a una certa distanza, il contorno delle figure geometriche tracciate sul pavimento dai mattoni rossi e grigi, opachi e più scuri ora. I portici bui, il Nettuno, la basilica di San Petronio hanno vita nuova. Fieri nella loro porosa bellezza si stagliano alti più che mai in queste sere, come se volessero farsi vedere dai pochi sguardi che possono incrociare. E sono belli e forti, molto più di noi.
Ieri un ragazzo mi ha fatto un cenno a un metro e poco più di distanza, come prevedono le misure adottate per limitare il contagio, ma poi si è avvicinato. Mi presento, piacere Filippo, senza stretta di mano. La sua giacca era nuova, lucidissima e a ogni movimento produceva un sottofondo alle sue parole fatto di fibre di acetato. Non hai paura a lavorare? Ho una mascherina in più se vuoi, basta fare attenzione, aggiunge. Lasciagli il sacchetto vicino la porta se hanno già pagato, sto facendo così io. Non prendere troppi ordini, mi raccomando! E vai a casa appena puoi.
Tra colleghi si parla di più in questi giorni, abbiamo per certo di cosa parlare e quindi scambiamo informazioni ed entusiasmi.
Contagio, virus, mascherina. Le consegne sono permesse e io, quindi, ho il privilegio di trotterellare indisturbato per la Bologna più deserta mai vista in assoluto, ma quando pedalo mi vengono in mente queste parole che ormai hanno infettato e preso i miei pensieri. Non è piacevole, rattrista un po’ ma non mi do per vinto e sono fiero di poter essere utile, quasi necessario. Qualcosa è cambiato però nelle ultime consegne, anche se si tratta del solito sushi da asporto.
Il meteo minaccia freddo e vento rigido per la settimana prossima qui, abbassamento delle temperature, neve dicono alcuni, io ci credo poco. La primavera si è appena presentata, l’aria è calda e il vento leggero e piacevole. Sento l’umidità ad ogni respiro, avvolge le colonne dei portici rosate, gialline, schiarite, alcune crepate e segnate da scritte. Il rumore della catena è continuo e liscio, è ancora ben oleata. Sull’asfalto ruvido ma pulitissimo le ruote sgonfie fanno più attrito, dovrò ricordarmene una volta a casa, così come per i guanti. Oggi non li ho e noto che alla base delle dita la pelle si è fatta più spessa, ha assecondato la gomma nera del manubrio duro. Quando una circostanza è difficile bisogna farsi più forti per sopportarla, per andare avanti e per superarla, realizzo, ma comincio a temere che la paura possa trovare in me il terreno in cui attecchire e radicarsi.
Mi stavo preparando per nuovi progetti poche settimane fa, avevo presentato domanda di dimissione dall’ordine degli ingegneri, avevo già intenzione di lavorare meno e per questioni di tasse mi conveniva. Tengo il lavoro di Deliveroo, mi ero detto, tanto posso lavorare quando voglio, dove voglio e mi basta ampiamente per campare. Vado un po’ in giro, finisco il cammino di Santiago. Poi è successo questo, niente. Ero in tutt’altro mood ma sono dovuto ritornare alla routine che volevo abbandonare. Paola stessa storia, ha interrotto i lavori su un set, ci sarebbe piaciuto partire a breve magari. Se pensiamo all’esterno è una merda, però nel nostro piccolo appartamentino con giardino non ci lamentiamo.
Giungo a destinazione. Scendo dalla bici, suono il citofono. La cabina dell’ascensore è di quelle un po’ retrò con le ante a grata da accostare, il rivestimento anni ‘70 di finto legno rossastro e capienza per due persone massimo. Qui non entrerà più nessuno in questi giorni. Non manca l’odore indistinguibile di chiuso, vecchio, umido ma pulito tipico di questi palazzi. Intenso ma quasi confortante.
Mi chiedo se chi cenerà con questo sushi ha paura, se è una persona ipocondriaca che mi apre con tanto di mascherina, intimandomi di lasciare il sacchetto sull’uscio e di allontanarmi. È successo solo una volta finora. Mi viene da ridere ma subito dopo mi preoccupo perché non è facile per tutti, perché c’è sempre del rischio, non so bene a cosa pensare ma mi sento perlopiù sereno. Faccio il mio e sono gentile.
Toc toc. Arrivo, sento urlare una voce maschile.
Aspetto sul pianerottolo in cui rimbombano tv e voci dagli appartamenti. Dalla finestra si intravede una signora anziana che fuma e porta a passeggiare il cane, sembra indifferente e un po’ seccata.
La porta si apre, mi scusi non trovavo il portafogli, tenga il resto e grazie per esserci. Vivo da solo, sono stato poco bene… non per quello che pensa. Io ringrazio con sguardo assorto nei miei pensieri. Tutto bene? mi chiede sereno. Alzo la testa e finalmente vedo un sorriso. Sì grazie, tutto ok, ordini quando vuole prossimamente.
Ritorno a pedalare. Devo essere lucido e non farmi prendere dal timore, continuo a pedalare, decelero, non ho motivo di correre, le strade sono vuote. Penso al mio collega spaurito e ai mattoni rossi per le strade che ora sembrano ancora più affascinanti e duri del solito. Mi fermo ligio al semaforo, passa un’auto e mi riguardo le mani. Le fisso. E non so se esista, ma mi piace chiamarlo il callo del ciclista. Il mio callo duro, che mi fa più forte.
Riparto verso casa, penso al sushi da asporto, alla consegna di oggi e stendo un sorriso.
Molto bello ,realtà.
Grazie Vita, “Cronache dal mondo fuori” ascolta le testimonianze di chi affronta, come il fattorino protagonista del mio racconto, l’attuale realtà inedita, perché raccontare e ascoltare una storia permette di capire meglio quello che ci circonda e la realtà può essere, così, una base di partenza per andare avanti al meglio. Ti invito quindi a leggere o ascoltare gli altri racconti del progetto. Ti ringrazio e ti saluto.
La lettura e’ gradevole e scorrevole, se chiudi gli occhi hai l’impressione di essere protagonista e di pedalare con lui. Molti particolari che rendono viva una città vuota, sentimenti contrastanti che tendono vivo il racconto….. Molto bello…. Complimenti
Grazie, mi fa molto piacere che il racconto sia piaciuto e che ti abbia permesso di fare, in qualche modo, una pedalata fuori casa. Nelle circostanze difficili ci sono sempre sensazioni contrastanti, è così anche per il fattorino protagonista del racconto, che è riuscito a trarne qualcosa di positivo e prezioso. Ringrazio nuovamente e invito a leggere, o ascoltare, gli altri racconti del progetto.
Bravo Lorenzo! Una descrizione dettagliata di una città triste in qs momento, come triste è tutta l’Italia!
Grazie molte Marilena! Spero che attraverso le “Cronache dal mondo fuori” le storie raccolte dai lavoratori che raccontiamo possano lasciare nei lettori anche forza e positività. Necessarie per affrontare momenti tristi come scrivi. Ti invito quindi a leggere, o ascoltare, gli altri racconti del progetto.