Il turno di notte -CdMF
“Cronache dal mondo fuori”, perché c’è ancora un mondo fuori, perché c’è sempre un mondo fuori!
La serie di racconti, disponibile anche in edizione audio per non vedenti, nasce dalle storie di chi ha voluto condividere con noi la propria esperienza dei giorni in isolamento nel 2020, per via dell’epidemia dovuta al Covid-19. Per ricevere i racconti direttamente nella tua email iscriviti alla nostra mailing list.
Ascolta il podcast del racconto
Ascolta “08 Percorso pulito/percorso sporco” su Spreaker.Voce di Stella Dalla Costa
Percorso pulito/percorso sporco
di Tommaso Valente
Pino è in gran forma stanotte. È già la terza volta che mi chiamano dal reparto perché non lascia tranquilli gli infermieri. Toccherà farlo dormire. È tranquillissimo, un omone dolce con gli occhi da ragazza. Già, con la mascherina se guardi solo gli occhi, marroni, grandi, con le ciglia lunghe, incorniciati da quei riccioli biondi, Pino sembra proprio una ragazza. Ha lo sguardo dolce, spesso piange.
-Ti ho visto, ti ho visto ieri, ieri, ti ho visto ieri con un bimbo, con un bimbo, ti ho visto, ti ho visto ieri con un bimbo in macchina, in macchina, ti ho visto ieri con un bimbo in macchina qua fuori, qua fuori…
Poteva andare avanti così per mezz’ora se non lo fermavi. Mi aveva vista davvero, ma non ero con un bimbo. Chi la vede più la mia bimba. È che da quando è cominciata l’epidemia mica l’ho tolto il seggiolino dell’auto. Ieri poi mi era pure scattato l’allarme dell’anti-abbandono. Ho fatto un casino, tra quell’aggeggio infernale, il bambolotto, le macchinine e tutte le cose di Marisa che erano ammucchiate proprio sul seggiolino. Deve essere stato allora che mi ha vista.
Dall’inizio dell’epidemia c’è stato un aumento dei ritardi mentali e dei tossici in reparto. Con molte delle strutture chiuse e le famiglie che non sanno come fare o che hanno paura, è un attimo. Vengono tutti da noi. Pino poi manco ce l’ha più la mamma. Io me la ricordo bene. Una donna bellissima. Me la ricordo al mare, me la ricordo a scuola. Io sono poco più piccola di Pino e lei ci ha tenuto proprio tanto a far fare a quel cucciolone la vita più giusta possibile. Al mare lui correva sempre, tutto panato di sabbia si rotolava sulla riva fino a quando la mamma non gli dava il permesso di fare il bagno, rigorosamente tre ore dopo le merende varie o il pranzo uscito dal termos.
-Bagno bagno, posso fare il bagno, la mamma, la mamma ha detto, la mamma ha detto che posso fare il bagno, il bagno.
Era un po’ ciccio. A me è sempre piaciuto tanto Pino. Crescendo si innamorava sempre delle badanti della mamma. Mi fa piacere che in questi turni di notte chiami me per farsi rimboccare le coperte. Magari riesco a risparmiargli un sonnifero e lo faccio addormentare…
-Pronto! Sì? è ancora lì al triage o lo avete fatto entrare? Va bene scendo. Fatelo stare calmo ok?
Pino dovrà prendere un sonnifero stasera, mi sa.
-Luisa? Ti lascio scritto il trattamento per Pino, io devo scendere in piesse.
Percorso pulito, percorso sporco, guanti, mascherina, percorso pulito, percorso sporco, non ci farò mai l’abitudine. Non ce la voglio fare. Sarebbe come ammettere che sarà sempre così da oggi in poi. Percorso pulito, preso. Arriverò dall’accesso verde, direttamente nella sala d’aspetto. Dicevamo, ritardi mentali e tossici. E stasera, per non farci mancare niente ecco il tossico. Al telefono hanno detto che vuole una dose di metadone da stendere 5 cavalli e che sembra non avere proprio tutti a casa, nella testolina. Ma poi perché devo scendere io quando basterebbe metterlo su una sedia a rotelle e portarmelo in reparto? Ah sì, per questo cazzo di percorso pulito. Vabbé, 5 infermiere su 7 lo hanno già preso sto coronavirus in reparto, ti pare che il percorso fino a psichiatria è pulito? Epperò è la procedura. Poi mi cambio guanti, sterilizzo la mascherina, sanifico le ciabatte, cambio il camice, ma non in quest’ordine. O forse sì? Ussignur, ma io faccio la psichiatra, se volevo fare medicina d’urgenza facevo un’altra specializzazione. Vabbé, mo è così. E comunque sto perdendo qualche pezzetto di senno anch’io da quando siamo in quarantena, guarda un po’ quanti pensieri mi metto a fare mentre attraverso un corridoio e due rampe di scale. Distanziamento sociale, mi raccomando. Distanziamento sociale. E come faccio a far addormentare Pino da un metro e mezzo di distanza. E la mia piccola Marisa? E vabbé, a lei per ora ci pensa il padre.
Il ragazzo è giovane. Avrà 21/22 anni. Sta per strada, si vede. Si sente più che altro. Già traballa tra le sedie vuote della sala d’aspetto, jeans liso a metà fianco, che lascia scoperti parte degli slip, felpa piccola con cappuccio rimediata da qualche parte, gomiti strappati e croste sotto al mento, già è finito a terra un po’ di volte. E poi puzza. Puzza ed è lercio. Che dovrei fare? Mi dovrei incazzare con quelli del triage? Questo va ricoverato, immobilizzato, sanificato, messa una mascherina e… Cazzo, ha scaracchiato a terra con un colpo di tosse denso e profondo, come se avesse fatto una passata di pialla nell’esofago. In mano ha una sigaretta di tabacco spenta. Si ferma, si gira verso di me e capisce che sono lì per lui. Ecco, mi ha sgamato. Sono fottuta. Devo chiamare gli infermieri.
Il ragazzo non si muove. È come paralizzato. È paralizzato! Anzi, no, trema. Cazzo no, ha degli spasmi. Sembra una crisi epilettica o comunque qualcosa di molto simile. Cade a terra, è rigido come un pezzo di legno, si contorce, poi comincia a sussultare. Che cazzo faccio? Distanziamento sociale. Distanziamento sociale il cazzo. Ho guanti e mascherina, non ho messo niente sugli occhi. Sta tossendo, sta sputando ovunque. Ed io sono bloccata, qui di fronte a lui. Faccio un sospiro, profondo, e mi lancio.
-Mara, lascia stare! Ferma!
Luigi, cazzo, grazie a Dio, Luigi. Lui ha la tuta, gli occhiali, la mascherina ffp2 mica quella chirurgica che indosso io ai piani alti. Luigi, il medico di P.S. di turno stasera. Luigi, come sono felice di vederti! Vederti, mo’, sentire la tua voce. Perché sotto l’armatura non è facile mai riconoscere il cavaliere, ma la voce di Luigi la riconoscerei tra mille. Abbiamo fatto il concorso insieme io e lui. Abbiamo fatto insieme tante notti. Abbiamo anche fatto l’amore qualche volta, quando eravamo single, alla fine di quelle guardie che non finivano mai. Sono ancora a due metri dal ragazzo e lui gli è già accanto con un infermiere. Gli tiene la testa con tutte e due le mani, io corro verso il pronto soccorso a procurarmi qualcosa di morbido da mettergli sotto la testa. Apro un armadietto, c’è un pacco di lenzuola, andranno benissimo. Le lancio all’infermiere. Ora riescono a tenerlo bene. La crisi sta per finire. Sanguina da un labbro, forse la caduta, forse si è morso. Luigi è forte, anche l’infermiere. Lo sanno bene quello che devono fare. Lo mettono su un fianco. Il ragazzo sbocca saliva e catarro. Ora è spossato, rilassato. Chiamo una barella. Arriva. Lo portano via.
-Grazie! – sussurro.
Luigi è già dentro al pronto soccorso con tutta la carovana. Mi sento di merda. Di merda!
Sanifico tutto il ciborio di roba che devo sanificare per tenere il percorso pulito e vado da Pino, chissà se faccio in tempo a salutarlo prima che si addormenti. Mi tolgo questa cazzo di mascherina ed entro in corsia. Ho le spalle tese, il collo rigido, le gambe stanche. Mi affaccio alla porta, Pino dorme, ascolto il suo respiro lento, il suo sonno profondo da farmaci mi rasserena, comincio a rilassarmi, penso a Luigi, immagino la sua faccia a fine turno, con i segni degli occhiali protettivi come li ho visti nelle foto delle riviste, immagino il suo sguardo stanco e mi vien voglia di dargli una carezza e un bacio. Poi mentre vado verso il mio ufficio, apro whatsapp e faccio il numero del padre di mia figlia.
-Franco come state? È sveglia? Passamela dai, anche se è a letto, prima che si addormenti…