Pattuglie anti-coronavirus – CdMF
“Cronache dal mondo fuori”, perché c’è ancora un mondo fuori, perché c’è sempre un mondo fuori!
La serie di racconti, disponibile anche in edizione audio per non vedenti, nasce dalle storie di chi ha voluto condividere con noi la propria esperienza dei giorni in isolamento nel 2020, per via dell’epidemia dovuta al Covid-19. Per ricevere i racconti direttamente nella tua email iscriviti alla nostra mailing list.
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Ascolta “10 Dietro alla mascherina” su Spreaker.Voce di Eleonora Suppi
Dietro alla mascherina
di Eleonora Suppi
Entro in questura con un bel sorriso: labbra tese, muscoli del viso tirati, denti in vista. Sono consapevole che nessuno può vederlo, ma i più attenti vedranno che mi sorridono gli occhi. Sono sempre stata una molto espressiva, il che può essere un pregio o un difetto, dipende dai punti di vista.
-Buongiorno Carlo! – saluto il collega che lavora in portineria, spero che riesca a notare il brillo nei miei occhi.
Faccio le scale per mantenermi attiva e riattivare bene la circolazione di prima mattina, percorro il lungo corridoio buio per dirigermi verso il mio ufficio; mamma mia quanto è buio. Prima, quando arrivavo a lavoro c’erano tutte le finestre aperte e le porte degli uffici spalancate, i colleghi salutavano sempre ed era un po’ come essere a casa. Ora no. Ora ci siamo quasi dimezzati. Molti colleghi sono rimasti a casa perchè appartenenti alle categorie a rischio, altri perché risultati positivi o perchè qualche membro della famiglia ha contratto il virus e quindi sono costretti all’isolamento. Pensare al prima mi rattrista un po’, sono sincera, e quel bel sorriso dietro alla mascherina lascia spazio a una linea retta.
In un attimo mi ritrovo davanti al mio ufficio. Beh, non era poi così tanto lungo quel corridoio.
-Buongiorno cara! Va tutto bene? Hai una faccia… – mi chiede la mia “dirimpettaia” di ufficio.
L’ho detto che sono una molto espressiva, pur indossando la mascherina, basta un pensiero negativo e subito tutti pensano che mi sia morto il gatto!
-Buongiorno Monica, tutto bene! Hai visto che bella giornata di sole, mi sono proprio svegliata bene questa mattina! – rispondo sfoggiando nuovamente un bel sorriso dietro alla mascherina.
Ed è proprio vero, questa mattina mi sono svegliata più carica del solito. Ho aperto gli occhi prima che suonasse la sveglia e ne ho approfittato per farmi una bella maschera fresca al viso. Mi sono fatta una bella doccia calda, mi sono vestita, truccata e messa il giubbino di pelle giallo in pendant con le mie décolleté preferite. Non vedevo l’ora che arrivasse la primavera per tirare fuori quel giubbino!
Questa mattina mi sento davvero bene, mi sento utile.
Entro in ufficio e per prima cosa tiro su le tapparelle: voglio inondarlo di luce e buon umore, niente negatività oggi, già ce n’è troppa in giro! Che bello il mio ufficio, la sedia al suo posto, il pc, le foto di Giulio sulla scrivania.
È stato proprio Giulio a dirmi dell’inizio di questa pandemia. “Mamma, ciao, ti disturbo? Ti chiamo per dirti che il sindaco ha chiuso le scuole! Hanno chiuso le scuole, capisci? Che figata pazzesca, stiamo a casa!!!”. Era fine febbraio e io ero in servizio. Mi ci è voluto un attimo per realizzare. Dalla chiusura delle scuole alla chiusura di tutti gli spazi e luoghi pubblici il passo è breve, ed è ancora più breve il passo tra la chiusura dei luoghi pubblici alla quarantena e l’isolamento. E proprio come avevo previsto, nel giro di due settimane eravamo tutti chiusi in casa. Anche io sono stata a casa i primi giorni, volevo stare vicino a Giulio e analizzare bene la situazione. Ero preoccupata, cazzo se ero preoccupata. Per mio figlio, per mio marito e per i miei colleghi, che sono la mia seconda famiglia. Se chiudevo gli occhi riuscivo a percepire la mascherina sul volto stanco durante il servizio, la pesantezza degli straordinari, la responsabilità del garantire l’efficienza dei controlli che grava sulle spalle come un macigno e la tensione tra colleghi, i nervi a fior di pelle, gli scatti di ira dati dalla paura di questo nemico invisibile.
Dovevo tornare al mio ufficio e alle mie mansioni il prima possibile. Sentivo bisogno di dare il mio contributo. Amo il mio lavoro, amo aiutare il prossimo e starmene in casa con le mani in mano mentre intorno a me vedevo il virus abbattere le persone come birilli non faceva che aumentare la mia inquietudine. E così tornare è stato come prendere una boccata d’aria fresca. Sembra un paradosso, ma rientrare mi ha fatta sentire utile, ha tolto quel peso di timore e paura che non riusciva a farmi respirare: vedere la realtà e non poter fare niente mi angosciava.
Mi siedo davanti al pc e inizio a lavorare su alcune pratiche amministrative, giusto per sciogliermi un po’. Ah, quasi dimenticavo! Tolgo dalla borsa il flacone di disinfettante nuovo e lo appoggio sulla scrivania, accanto alle foto di Giulio. Com’è bello mio figlio, un raggio di sole! Lì eravamo a Porto Rotondo, sarà stato 5 o 6 anni fa, ha la finestrella al posto degli incisivi. L’altra foto è di un anno fa, Pasquetta 2019, braciolata in collina con gli amici di una vita. Anno scorso di questi tempi era pieno di compiti delle vacanze, ora segue le lezioni online. Smart schooling, meno male che me la cavo a usare i computer, altrimenti come avremmo fatto? Quando finisce il suo dovere si attacca alla play o continua a stare davanti al pc! Lo so che non va bene, che i ragazzini di oggi hanno bisogno di giocare all’aria libera ed entrare in contatto con la natura, ma cosa deve fare? Abbiamo uno straccio di giardino, ma oltre a due palleggi a pallavolo non può fare granchè. Non lo sgrido neanche… ma spesso mi chiedo come ne uscirà. Mi piacerebbe che tutto fosse come un anno fa, in collina, quando correva su e giù con gli amici tra una piadina con la salsiccia e una costina da sgranocchiare.
Mi accorgo di avere gli occhi lucidi. Delle voci in fondo al corridoio mi riportano alla realtà. Dal passo svelto, devono essere alcuni dei colleghi che escono in servizio a pattugliare. Alcuni giornali ci chiamano “pattuglie anti-coronavirus”. Che espressione buffa, sembriamo quasi dei Ghostbusters… ma noi non investighiamo il paranormale e non andiamo a caccia di fantasmi. Siamo coloro che limitano gli spostamenti della popolazione, coloro che che effettuano controlli sulle autocertificazioni: siamo in prima linea per contrastare la diffusione di questo dannato virus che sta corrodendo le nostre vite. Buona parte della popolazione ci considera come i cattivi, gli stronzi che vietano di fare la passeggiatina o di andare a trovare la morosa, ma in realtà non siamo altro che controllori di un pullman diretto all’aldilà.
-…speriamo di non beccare troppi coglioni per strada.
-Col sole che c’è oggi avranno tutti voglia di fare jogging in spiaggia, grazie a dio non ci hanno assegnato i lidi!
-Sarà comunque una lunga giornata…
Le voci dei colleghi si affievoliscono sempre di più e io torno a sorridere dietro alla mascherina, stavolta un sorriso forzato però.
-Ma sei sicura che vada tutto bene? – si affaccia la mia “dirimpettaia”, non si fa mai i fatti suoi; ma di questi tempi è normale, siamo tutti più vulnerabili e preoccupati.
– Monica, va tutto bene, tranquilla! Iniziamo a lavorare dai, che oggi ne abbiamo mille da fare.
Forse ha notato i miei occhi languidi, a volte uno sguardo vale più di mille parole.