…e tu sei pronto? – CdMF

“Cronache dal mondo fuori”, perché c’è ancora un mondo fuori, perché c’è sempre un mondo fuori!
La serie di racconti, disponibile anche in edizione audio per non vedenti, nasce dalle storie di chi ha voluto condividere con noi la propria esperienza dei giorni in isolamento nel 2020, per via dell’epidemia dovuta al Covid-19.
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Voce di Paolo Maoret

Cronache di un distributore editoriale – pt.2

di Paolo Maoret

Settimanina concitata, eh.
State a casa dicevano. State a casa.
Io che è da quando ho 15 anni che sogno solamente di stare a casa a farmi i cazzi miei. E invece ora guardalo, a girare come una trottola impazzita per salvare il capitalismo.


Lunedì 9 marzo 2020.
È sera e sono con il mio amico Giovanni ai giardini a discutere della situazione surreale e bere una Peroni sgasata. Rigorosamente alla distanza di 2 metri e 27 centimetri.
“Siamo in guerra” mi dice “questa sarà una delle mie ultime uscite di socialità”.
Si avvicina una ragazza e interrompe il discorso per chiedere un accendino. La scansiamo manco fosse un’appestata e per un attimo penso che Giovanni l’accendino glielo lancerà in faccia frantumandole il setto nasale.
I nervi sono un filino tesi.


Insomma il giorno seguente sono a Sesto Fiorentino a ritirare i libri.
Fino all’ultimo momento mi chiedo se andare o meno. Ma poi penso che il capitalismo non può morire così, senza ardore. O perlomeno senza ardere.
Là fuori l’atmosfera è apocalittica.
Guido lungo un’autostrada completamente deserta (che poi è il sogno di ogni autotrasportatore di Codogno che si rispetti…).
A Sesto, nei pochi bar ancora aperti, ti servono il caffè con mascherina e guanti. A terra, nastri segnaletici bianchi e rossi, delimitano il mezzo metro quadro di spazio per ciascuno.
In molte aziende non mi fanno entrare, in alcune solo con guanti in lattice e mascherina.
Mi osservo allo specchio dell’ascensore conciato in quel modo e devo ammettere che noto in me un certo charme in stile E-R.
Ne prendo nota per il futuro.
Se è vero che siamo in guerra, come dice Giovanni, allora non mi sento in prima linea, in trincea, come medici, infermieri che si stanno spaccando la schiena in questi giorni di turni massacranti.
Sono piuttosto uno di quei messaggeri che si muove rapido dietro le linee nemiche, evitando i colpi di mortaio, riportando le notizie al centro di comando.
Uno anche un po’ codardo, in fondo. Che spera solo di sfangare la giornata per riportare la pellaccia a casa.
Che poi, di sti tempi, è già tanto avercela una casa.

#iorestoacasa dicevano. Sarà il mantra dei giorni successivi.

Allora penso a chi un tetto sopra la testa non ce l’ha.
A Bologna, per esempio, per colpa di una scellerata politica di gestione abitativa che dura da anni, se non da decenni…
Penso di nuovo a quelle MILIONI di persone che dalla Siria, alla Turchia, alla Grecia, scappano dalle proprie case e si muovono dietro le linee nemiche, rischiando la vita ogni giorno.
Che a loro, se gli va male, si beccano Dinos Theoharidis, altro che Covid-19.
E l’elenco potrebbe continuare all’infinito, senza cambiare il punto di una virgola.
Il punto è che le cose non capitano mai a caso e che questa storia accade per insegnarci qualcosa. Un insegnamento davvero profondo in noi. Fermiamoci ad ascoltare.
Solidarietà. Rispetto. Empatia.
Perché finita l’emergenza qui, la guerra ci sarà davvero. E sarà una guerra ideologica.
E noi dovremo farci trovare pronti.

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